Non confondere la fretta con la velocità

Agli albori dell’Era “Gratta e Vinci”, i produttori di caramelle e dolci da banco videro calare di molto le vendite e non riuscivano a capirne la motivazione. Questo generò una grande creatività: sembra uno scherzo, ma molti dei prodotti che oggi vediamo sono frutto dei tentativi dell’epoca per riacquistare i clienti persi. L’errore dei produttori di prodotti dolciari è che pensavano di perdere i clienti a causa della concorrenza. Impiegarono molto tempo a capire che il calo delle vendite non era dovuto a un altro prodotto, migliore del loro o più sponsorizzato: il concorrente non proveniva dal loro settore, ma da un mercato completamente diverso. Questa possibilità è oggi abbastanza nota e chiara a tutti: il tuo concorrente può arrivare da qualunque settore e questo crea non poche apprensioni in chi si occupa di marketing. Stiamo descrivendo ciò che Gianni Previdi ha argomentato sulla iper-competizione.

Chi qualche anno fa poteva immaginare che per i big dell’informatica (IBM, Oracle, Microsoft) il concorrente nel mondo del cloud (e non solo) più agguerrito e che gli ha portato via il business arrivasse dalla vendita di libri (Amazon) o che oggi la Nasa deve temere Elon Musk con la sua SpaceX?

Andare di fretta significa non prestare attenzione a questi fenomeni e ricadere nella maledizione del ‘radiale’.

Ma non bisogna confondere “fretta” con “velocità”: come ci ha spiegato Gianni Previdi, stare dentro le logiche dell’economia di velocità, significa agire in velocità, ma una volta che una idea è stata ben pensata e disegnata, senza fretta, appunto: Michelin come già detto impiegò ben quattro anni dalla elaborazione dell’idea alla messa in produzione del prodotto.

E, comunque ci vogliono idee e metodi per affrontare questi scenari, quelli appunto proposti con grande acume in questo libro. Ma, prego, non andate di fretta: confondere la cultura della velocità con quella della fretta è estremamente pericoloso: cercate di far evolvere queste idee nella rete di sostegno che deve basarsi principalmente di ascolto e di diversità cognitiva.

Ascoltare e mettersi in discussione perché il pericolo più grande è cadere nell’isteresi cognitiva:

vale a dire cercare in giro solo quelle informazioni che confermano la nostra idea e non ascoltare anche chi la pensa e agisce diversamente.

In questo modo saremmo confinati ad andare sempre più di fretta a scartare idee (vedi Kodak) solo perché non appartengono al nostro ‘sentire’ e rimanere confinati nelle nostre tecnologie ‘adatte’ senza possibilità di crearne una nuova.

Fonte: Il mito di Atalanta di Beppe Carrella in INNOVATION NOW – Gianni Previdi – Edizioni Palo Alto – 2020

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