Nelle organizzazioni gli individui sono supportati nelle loro prestazioni?

«Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni».

P. Watzlawick

Fino ad oggi la ICT ha dato ai lavoratori l’accesso ai dati, ma non è quasi mai stata in grado di aiutarli a lavorare con i dati: non si tratta di tecnologia, ma di approccio giusto alla tecnologia.

Oggi si pone il problema non solo di raccogliere le informazioni ed analizzarle, ma anche quello di supportare l’utente ad agire con esse secondo un approccio proattivo.

Nel contesto di lavoro c’è sempre da effettuare un controllo, una nuova indagine; i prodotti o i listini cambiano sempre: come è possibile tenersi aggiornati visto che sempre cambiano le regole, le procedure?

Mancano quindi sistemi che, trasformati i dati in informazioni, trasformino queste ultime in conoscenza fruibile: conoscere significa possedere le informazioni ed essere in grado di farle rientrare in una esperienza più ampia e sapere come utilizzarle.

Conoscenza ha un significato più profondo di sapere: è sapere che si sa, perché lo si sa, e sapere che cosa fare con ciò che si sa.

Quando le organizzazioni decidono di automatizzare gran parte dei processi aziendali, per migliorare la produttività e l’efficienza, non tengono conto generalmente della risorsa uomo.

Inoltre l’automazione genera una valanga di nuovi dati prima inutilizzati, che ora possono essere trasformati in informazioni utili per migliorare le performance aziendali.

L’automazione impiega la tecnologia per organizzare, frammentare, o eliminare alcuni processi di basso valore; l’informatizzazione, d’altro canto, impiega la tecnologia per aumentare il contenuto intellettuale del lavoro, tendenzialmente in tutte le funzioni dell’organizzazione.

Un giusto approccio alla tecnologia digitale può trasformare gli utenti dei sistemi da esecutori di mansioni parcellizzate, ora automatizzate, a conoscitori e fornitori di servizi sia verso altri utenti aziendali, sia verso i clienti: si alza la competenza perché si è alzato il livello di conoscenza. Il cliente ora sa di avere non solo un fornitore del bene comprato, ma anche un fornitore di conoscenza intorno a quel bene, cioè riceve e percepisce un maggior valore aggiunto.

Non si percepiscono più prodotti come meri oggetti materiali, ma come risultato delle innovazioni concettuali, come simboli rappresentativi di un processo: quanto più si alza il contenuto intellettuale del lavoro, tanto più servono alle imprese lavoratori che padroneggino le conoscenze; il rischio è che altrimenti vengano spazzati via dall’automazione.

Oggi le aziende cercano lavoratori (knowledge workers) con alti skill che sappiano sfruttare appieno la tecnologia digitale per il business.

Interessante è il lavoro di Winslow e Bramer sui sistemi disegnati per dare un supporto pro-attivo alle prestazioni dei lavoratori, dal quale mi permetto di riproporre le riflessioni fondamentali.

D’altra parte i sistemi devono essere sempre più pro-attivi, riconoscere chi sta operando in quel momento, il lavoro da svolgere e mettere a disposizione dell’utente i pacchetti di conoscenza per aiutarlo a fare meglio; è il caso di aziende che con sistemi pro-attivi danno supporto ai loro tecnici per le attività di diagnosi e di manutenzione di macchinari complessi.

Il tecnico lavora, la macchina supporta.

La conoscenza è:

  • Applicabile e pratica, serve durante i compiti di lavoro per condurli meglio e con maggior efficienza/efficacia.
  • Riferibile a un contesto, la conoscenza in quanto tale contiene in sé il contesto.
  • Esperienziale, non è sufficiente un corso di scienza dei computer per essere bravi “softwaristi”: non esiste la conoscenza in forma pura, ma deriva dal sporcarsi le mani nell’esperienza, nella partecipazione e nell’errore.
  • Storicizzabile, la conoscenza è informazione dotata di memoria.
  • Condivisibile, la conoscenza è il frutto di partecipazione e di socializzazione dell’esperienza e come tale deve essere fruibile per migliorarne continuamente il livello, considerato che nessuno è insostituibile.
  • Individuale, la conoscenza, frutto di una collegialità di esperienze, deve diventare utile al singolo lavoratore, e sarà questo nuovo lavoratore che vedrà il cliente non più come “un” cliente ma come “il” cliente.

Il successo di una organizzazione si basa sulle prestazioni di chi lavora nei momenti di valore, dove si prendono decisioni, dove si agisce.

Prestazione non significa solo fare un compito, ma significa farlo bene con competenza.

Il raggiungimento della prestazione eccellente presuppone una risposta positiva a tre quesiti di base:

  1. Il lavoratore è in grado di fare un dato compito?
  2. Il lavoratore è motivato a farlo?
  3. Il lavoratore è supportato?

In un mercato complesso e altamente competitivo le aziende devono avere una visione strategica della tecnologia, ma devono anche saperla usare quale supporto per le proprie risorse umane.

La crescente diffusione della tecnologia digitale ha richiesto nuove competenze: quanto più aumenta la complessità tecnologica tanto più intensiva ed estensiva dovrà essere la preparazione e l’esperienza dei nuovi lavoratori.

Il management deve porre sempre più attenzione al problema dei momenti di valore nei quali chi sta in “trincea” non sempre dispone delle necessarie conoscenze e dei necessari strumenti.

Questi problemi non sono di strategia di business, ma di prestazioni.

Possono essere impiegati tre parametri di misura delle prestazioni in una organizzazione:

  1. Coloro che lavorano in base ad una serie di indicatori di prestazioni.
  2. Il processo, l’insieme di attività che confluiscono in un prodotto o in un servizio.
  3. L’organizzazione che comprende le prime due.

Il cliente percepisce i valori di una impresa anche attraverso l’interazione con il personale della azienda stessa; è quindi importante garantire un supporto al personale che ha contatti con il cliente.

Vediamo ora alcuni tipici atteggiamenti negativi:

  •  «Spiacente sono qui da poco, verificherò con il mio capo».
  • «Non mi occupo di questo prodotto, le passo qualcun altro».
  • «Sono subito da lei, resti in attesa».

I momenti di valore sono gli istanti in cui il cliente e il fornitore sono in contatto, dove il secondo fornisce (dovrebbe) valore al primo.

Il concerto è un evento olistico perfezionato, compiuto con competenza e precisione.

Le organizzazioni non devono fare le cose meglio, ma fare sempre le cose giuste.

Le conseguenze negative derivate da prestazioni scadenti non sempre sono immediate, ma si accumulano silenziosamente: un cliente che riceve un cattivo servizio o compra un prodotto sotto le sue aspettative, non conduce l’azienda al fallimento, ma l’insieme di clienti non soddisfatti creerà nel tempo l’insorgere anche di problemi di conto economico.

Una azienda deve stare attenta ai momenti di valore di ciascun lavoratore, dando a ciascuno i supporti e gli strumenti necessari; in caso contrario c’è la frustrazione e quindi un servizio scadente.

I luoghi di lavoro sono oggi troppo complessi perché i lavoratori possano operare senza la tecnologia.

Qui parliamo di tecnologia in termini di un sistema che abbia una visione completa del lavoro da svolgere, una scrivania multimediale interattiva di supporto del lavoratore, dove quest’ultimo possa interagire con la tastiera, il mouse, la voce; il contenuto informativo è rappresentato in modo pro-attivo con filmati che descrivono azioni (come si monta un componente, come si espone un prodotto nella show room, etc.), con audio (un tutore spiega le fasi di lavoro, come convincere il cliente, etc.), dove anche il lavoratore possa inserire informazioni e suggerimenti.

Ma non è solo un problema di interfaccia: un sistema di supporto delle prestazioni è studiato per ogni caratteristica della prestazione e per ogni profilo di lavoratore. Il sistema riconosce il lavoratore, il suo skill, le sue competenze.

Il lavoratore è un essere reale al lavoro, non un utente (a volte ho perfino sentito usare il termine “utonto”) che utilizza il sistema.

L’idea di base dei concetti della KM (knowledge management) è quella di porre immediatamente a disposizione del lavoratore una gamma di risorse: pensiamo alle innumerevoli volte in cui il lavoratore è costretto a interrompere il proprio lavoro per la mancanza di una informazione, la risorsa che è la differenza tra i momenti di routine e i momenti di creazione di valore.

Con la KM il lavoratore può accedere all’intero patrimonio di conoscenze della propria organizzazione, in funzione del proprio skill e del compito che sta svolgendo; in particolare può usufruire di:

  • Supporto operativo per automatizzare e velocizzare le fasi di lavoro, creare documenti integrati, comunicare contestualmente con il resto della struttura.
  • Informazioni multimediali di riferimento, in funzione del compito e del proprio ruolo.
  • Tutor on-line (con filmati, audio, etc.) sensibile al contesto.
  • Formazione remota, pillole di conoscenza relative al particolare momento di creazione di valore.

Nel svolgimento del compito spesso il lavoratore incontra degli ostacoli o delle difficoltà che influiscono sulle prestazioni; ad esempio:

  • Mancanza di capacità e di conoscenze.
  • Difficoltà di accesso a informazioni puntuali.
  • Complessità e crescenti modifiche procedurali.
  • Indisponibilità di un collega più esperto.
  • Scarsità di strumenti di lavoro idonei.

 I sistemi di supporto alle prestazioni mettono dunque a disposizione le seguenti risorse:

  •  Consulenza (i consigli di un esperto).
  • Strumenti di lavoro.
  • Documentazione di riferimento.
  • Training.

I sistemi informativi tradizionali sono pensati e progettati a partire dalla riduzione a un modello dei dati che riflettono i processi operativi parcellizzati: l’interfaccia utente deriva quindi dalla struttura dei dati. Questo crea una complicazione che genera spesso i rigetti.

Il layout delle interfacce (le mappe sul video) è il riflesso della struttura del data base e le funzioni del sistema riflettono la struttura dei processi parcellizzati.

Invece, il tipo di sistema di KM dipende dalle risposte date a precisi quesiti:

  • Quale è il livello di funzionalità desiderato?
  • Quali informazioni saranno richieste?
  • Quale grado di integrazione è possibile?
  • Quale è l’ambito applicativo più importante?
  • Quale funzione applicativa è più idonea?

 Permettendo infine a chi opera a contatto con il cliente di soddisfare e anticipare le sue aspettative, quindi:

  • Avere ben chiaro ciò che si aspetta quel cliente, il sistema conosce tutto del cliente.
  • Conoscere le motivazioni dei clienti non soddisfatti.
  • Conoscere i competitori, in particolare le loro politiche verso i clienti.

Ma cosa si aspetta il cliente? Il cliente si aspetta di essere trattato come un individuo dai bisogni unici. Il cliente si aspetta generalmente servizi a sua misura, personalizzati, semplici e non per un ipotetico mercato di massa. Non si aspetta di andare in cerca del servizio, ma si aspetta che sia il fornitore ad andare da lui.

Per le organizzazioni non deve più esistere una categoria astratta chiamata “clienti”, ma quel singolo cliente, “il cliente”.

Si consideri che il 96% dei clienti che smettono di acquistare un bene o un servizio non esprimono i motivi dell’abbandono.

Se il cliente insoddisfatto può trovare il prodotto o il servizio da un altro fornitore, perché dovrebbe telefonare o scrivere una lettera al precedente fornitore per spiegare le proprie lamentele?

I lavoratori che hanno contatti con i clienti devono quindi essere:

 Competenti e rapidi per poter presentare ogni aspetto dei prodotti e dei servizi.

  • Capaci di percepire le aspettative del cliente e configurare livelli di personalizzazione.
  • Buoni ascoltatori di ogni informazione data dal cliente, anche quella apparentemente più insignificante.

In una indagine è emerso che le aziende investono il 35% dei loro costi operativi per rifare cose fatte male la prima volta. E i costi di un cliente perso sono elevati.

Quali sono, ad esempio, i punti critici di un customer service:

  • Accesso inadeguato alle informazioni, spesso le informazioni non sono disponibili quando servono.
  • Risposte incoerenti, due lavoratori danno due risposte diverse allo stesso cliente.
  • Difficoltà nel ricevere aggiornamenti sui prodotti e sui servizi.
  • Lunghezza e burocratizzazione delle comunicazioni interne, il cliente aspetta arrabbiato.
  • Training inadeguato, fatto all’inizio e non sistematico.

Insomma complicazioni.

Alcune aziende propongono degli incentivi economici ai clienti che informano il customer service sui problemi o sulle inefficienze riscontrate, anche attraverso propri servizi web o attraverso i social media.

Dagli studi emerge che un servizio mediocre del customer service dipende spesso dalla percezione superficiale del problema da parte del management. I dirigenti sono portati spesso a dar ragion ai clienti ed a giustificarsi dando le colpe ai loro subordinati. Le aziende americane sono concentrate sulla massimizzazione del profitto (gli azionisti sono al primo posto, poi vengono i clienti), quelle giapponesi mettono al primo posto i dipendenti, poi i clienti e da ultimo gli azionisti.

Insieme ai modelli e alle tecnologie, l’obiettivo immediato e urgente è dunque quello di formare le persone (direzionali ed operative) che operano con le informazioni, insegnando loro la cultura (la practice) all’uso e allo scambio dell’informazione; questo ritengo sia l’aspetto critico sul quale le società di consulenza e le imprese devono porre maggiore e motivata attenzione, in particolare oggi di fronte alle opportunità (e rischi) offerti dalla digital transfomation.

La conoscenza ha due aspetti: sapere cosa fare e sapere come fare. L’innovazione è il sapiente mix dei due tipi di conoscenza, di prodotto/servizio (il cosa fare), e di processo (il come fare).

Disporre di una opportuna logistica dell’informazione e di una logistica della conoscenza che diano un supporto alle persone che operano in una organizzazione disegnata sui principi della semplicità e della cooperazione, consegna all’impresa un asset strategico che le permette di essere soggetto dentro i flussi informativi che caratterizzano l’economia di velocità, di saper infine cogliere al volo le opportunità che si intercettano solo stando vicini alla soglia del caos: orecchie al suolo!

Fonte: #Smart Management – Gianni Previdi – Scuola di Palo Alto editore – 2018

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