Produttività, mutamenti nelle catene globali del valore, reshoring
Si legge dalle più autorevoli fonti che la produttività in Italia è piatta da almeno venti anni, fatte salve alcune eccezioni, ma che non aiutano certo la media.
In sostanza si discute di produttività della componente del lavoro, del capitale e infine della produttività totale che nasce dalla combinazione dei due fattori. Ma vediamo di fare qualche riflessione su questo tema che implica anche l’innovazione.
Nella ricerca economica lo studio della tecnologia e dei suoi effetti ha raggiunto un interesse determinante per capire le dinamiche economiche. Nel suo, e come sempre eccellente ed avanzato lavoro di analisi (La natura della tecnologia), W. Brain Arthur ci ricorda l’importanza della scoperta del “residuo di Solow”, concetto che mette in risalto i limiti della teoria economica ortodossa nello spiegare – soprattutto oggi – la crescita della produttività e dunque dell’economia, in particolare quando essa si esprime attraverso un aumento del output che non può essere esaustivamente spiegato da un aumento del input, coerentemente con l’assunzione di equilibrio.
Secondo l’economista statunitense Solow l’innovazione tecnologica deve essere dunque l’unica reale causa plausibile di questo aumento del output e del livello di efficienza. Il “residuo di Solow” è un incremento della produttività non completamente spiegabile esclusivamente con la combinazione delle due classiche variabili: capitale e lavoro. La spiegazione di questo delta è, per Solow, imputabile all’innovazione tecnologica.
Fatta questa premessa osserviamo ora quanto indicato nella relazione del “Comitato Colao” presentata nel giugno del 2020 nel capitolo “Reshoring”: «Incentivare il re-insediamento in Italia di attività ad alto valore aggiunto (ad es. R&D strategico, produzione in settori ad alta componente tecnologica) e/o produttive rafforzando in tal modo il sistema Paese e la sua competitività (ad es. tramite decontribuzione dei relativi lavoratori, incentivi agli investimenti produttivi, maggiorazione ai fini fiscali del valore ammortizzabile delle attività rimpatriate). Valutare l’estensione del regime a tutti i nuovi insediamenti produttivi in Italia».
La mia riflessione sulla corretta indicazione proposta dal “comitato Colao” la possiamo sintetizzare come segue:
L’innovazione tecnologica nella produzione (IIoT, Industria 4.0, cobot, data intelligence, ecc.) che permette un significativo aumento della produttività totale grazie all’automazione e al monitoraggio puntuale delle fasi del processo ripetitive e a basso valore aggiunto, sostenuta da mirati incentivi fiscali e dalla formazione culturale delle imprese (trasformazione organizzativa e digitale, innovazione dei modelli di business, marketing intelligence, ecc.), può, se ben sapientemente implementata, generare per le medie e grandi imprese un accorciamento della loro catena del valore, riportando “pezzi di produzione” (ad oggi delocalizzati nei Paesi dove il costo del lavoro è basso o vi sono regimi fiscali “attrattivi”) intorno all’impresa italiana, idealmente nel territorio dove ha i propri insediamenti produttivi principali (e di R&D). Queste imprese potranno interagire, grazie a piattaforme digitali di integrazione, con le miriadi di PMI ad alto contenuto qualitativo (meccanica di precisione, componentistica, meccatronica, logistica e servizi avanzati, packaging) che insistono nello stesso territorio di prossimità. Ecco la possibile opportunità per le PMI!
In un recente articolo di Roberto Da Rin apparso sul Sole 24 Ore nel mese di agosto 2020 si evidenzia come la crisi epidemica del Covid-19 stia modificando le geometrie delle catene globali del valore e una ricomposizione delle filiere produttive: sono già 175 le imprese italiane che hanno deliberato il rientro di alcuni processi produttivi, predisponendosi nel medio-lungo periodo più resilienti e reattive ai cambiamenti esterni. Le stesse istituzioni europee hanno indicato come i processi di reshoring potranno contribuire fino al 20% del PIL europeo. In Giappone il governo ha stanziato finanziamenti fino al 70% alle proprie PMI per il reshoring delle produzioni di componenti sanitarie (mascherine, camici, device medicali, etc.).
Questo per immaginare che il trend dei piani di reshoring, accelerato anche dalla pandemia, possa essere una ottima occasione per le PMI, sempre che sappiano attrezzarsi per agganciarsi alle filiere di valore guidate dalle grandi imprese.
Ritornando infine all’analisi di Solow si può considerare la riconfigurazione della composizione dei tre fattori (capitale, lavoro, tecnologia), ma sostenuta da:
- Una visione strategica che sappia andare oltre ai settori e ai modelli di business tradizionali supportata da semplici e agili metodologie (business design) per generare innovazione di valore.
- Una decisa apertura alle sinergie (industriali, di partnership tecnologica o commerciale, ecc.) con altre imprese complementari nella filiera di riferimento o in altre filiere in crescita e con le fonti di innovazione (startup tecnologiche, hub territoriali per il trasferimento tecnologico, Università, etc.).
- Una convinta formazione – quindi valorizzazione – della propria componente lavoro.
Alcune inevitabili domande dobbiamo però farci:
- Gli imprenditori e i manager delle medie-grandi imprese italiane sono pronti a pilotare tale cambiamento nella catena del valore che integri strutturalmente le PMI?
- Le PMI (ad esempio chi produce componentistica) sono mature per implementare tali integrazioni con i loro grandi clienti industriali?
- Le PMI hanno la consapevolezza di fare innovazione per accreditarsi come innovatori verso i loro clienti a parco, agganciare nuovi clienti, entrare in nuovi settori, fare branding? O ancora pensano di restare passivamente ad aspettare che i loro clienti inviino inerzialmente gli ambiti ordini come nel passato? E se un cliente importante nel B2B interrompe la relazione con il suo fornitore, quest’ultimo (tipicamente una PMI) è conosciuto fuori dalla sua tradizionale filiera per acquisire velocemente altri clienti?
- Le persone operative (in fabbrica, nella logistica, in amministrazione, nel marketing, nel commerciale, ecc.) sono formate alle nuove modalità di lavoro basate sui nuovi modelli organizzativi e sulla interazione con le tecnologie digitali?
E qui sta il gap da colmare al più presto. Inutile giraci intorno!
Fonte: Innovation Now – Gianni Previdi – Edizioni Scuola di Palo Alto – Milano – 2020