Sciacalli digitali
È un fenomeno che si può quasi dare per scontato. Ovunque ci sia un conflitto, una faglia, anche il minimo attrito sociale, c’è una campagna di disinformazione in agguato. Non poteva non essere il caso dell’invasione russa dell’Ucraina, e infatti in tanti, in questi giorni, raccontano come la macchina della propaganda di Mosca lavori da settimane per giustificare l’aggressione del proprio vicino occidentale.
Le grandi piattaforme lo sanno meglio di tutti: il weekend scorso, Facebook e Twitter hanno scovato e rimosso due operazioni di influenza coordinate, lanciate rispettivamente da Russia e Bielorussia e volte a dare credibilità a siti di propaganda anti-Ucraina. Nel caso dell’operazione gestita dalla Russia, si è arrivati a creare falsi editorialisti a cui associare citazioni che giustificassero la guerra, generando finti volti grazie ad un’intelligenza artificiale.
A fianco di hacker coordinati e fabbriche di troll, però, c’è tutta un’altra categoria di persone che non ci pensano due volte prima di intorbidire acque già melmose. Comitati di avvoltoi digitali pronti ad approfittare del caos, della sofferenza, della disperazione che si sta riversando a fiotti sui social network per arraffare qualche follower in più o approfittare dell’effusione di solidarietà generale per arricchirsi.
È il caso di @PlantATreeCo, la pagina Instagram da oltre un milione di follower che da anni sfrutta ogni evento internazionale che attragga sufficiente attenzione mediatica – dalle proteste #BlackLivesMatter agli incendi in Australia – per organizzare finte raccolte fondi, senza particolari ripercussioni da parte della piattaforma.
Ma è il caso anche delle tante pagine di meme molto seguite hanno cominciato a condividere i post provenienti da due profili privati, @livefromukraine e @POVwarfare, che si spacciavano per giornalisti di guerra sul campo e pubblicavano video di jet e bombardamenti. Peccato che a gestirle, in realtà, fosse un ventenne del Kentucky che risponde al nome di Hayden e che aveva già approfittato della riconquista talebana dell’Afghanistan per ammassare follower sul profilo @liveinafghanistan, poi trasformata in un raccoglitore di video virali di ispirazione conservatrice una volta scemato l’interesse internazionale.
Il ragazzo non è il primo a farsi venire quest’idea: durante la crisi in Sudan, nel 2019, decine di profili avevano raccattato centinaia di migliaia di follower facendo leva sull’attenzione mondiale. I follower, naturalmente, possono essere monetizzati pubblicando pubblicità o vendendo la pagina al miglior offerente dopo che ha ottenuto un quantitativo sufficiente di attenzione.
Nel caso di @livefromukraine, la pagina ha cominciato a promuovere link a siti di e-commerce che vendono prodotti a temi militari, come cappelli o portachiavi a forma di fucile. “Quello che sto cercando di fare è ottenere più follower possibile utilizzando la mia piattaforma e le mie competenze“, ha affermato candidamente Hayden.
Dopo molte segnalazioni, Instagram ha rimosso @livefromukraine e altre pagine che postavano contenuti legati alla guerra senza contesto né verifiche per violazione degli standard della community. Il pozzo dell’informazione online, però, era già inquinato – e per quanto tantissimi giornalisti ed esperti lavorino incessantemente per svuotarlo, la disinformazione dilaga.
La situazione è ancora più grave su TikTok, dove è più facile trasformare il supporto di una comunità in moneta sonante grazie ad un sistema che permette di fare regali e “dare la mancia” ai creator. Così, negli ultimi giorni si sono moltiplicati i livestream in cui gli utenti fanno finta di essere in Ucraina, mandando in onda filmati riciclati da altri account, falsi o vecchi e spacciandoli per vere testimonianze dal fronte. Un video, che ha raccolto quasi 20 milioni di visualizzazioni, mostrava un soldato nell’atto di gettarsi con il paracadute da un aereo a poche ore dalle prime notizie di bombardamenti sul Paese. Peccato che il filmato provenisse da un’esercitazione del 2016.
Giusto perché siamo su Internet – and the Internet is for scams – ci sono poi le truffe più “classiche”. La società di software Avast, che produce uno degli antivirus più famosi, afferma di aver individuato tantissimi casi di truffatori che si fingono cittadini ucraini in difficoltà per spillare denaro agli utenti più generosi ma sprovveduti.
“Ci sono state anche segnalazioni di truffe simili che si sono diffuse su TikTok e altri social media”, avvertono. “In generale, consigliamo vivamente di non inviare denaro direttamente a persone sconosciute, soprattutto in qualsiasi forma di criptovaluta, in quanto è praticamente impossibile dedurre se si tratti di una persona bisognosa o di un truffatore”.
Fonte: Viola Stefanello – WIRED