Provocazione: non cadere nella trappola che confonde intelligenza con la conoscenza e la comprensione …
Non cadere nella trappola (singolarità) che confonde intelligenza con la conoscenza e la comprensione: l’ottundimento delle nostre menti che si denuncia oggi per colpa delle tecnologia mal interpretata ci porta a rimproverare le automobili per la nostra obesità.
Anni or sono Chris Anderson diceva che lo tsunami di dati avrebbe reso obsoleto il metodo scientifico: i dati avrebbero parlato da soli, come già ebbe a dire il filosofo inglese Bacone nel seicento. Ma in realtà i dati non parlano da soli, vi è sempre esigenza d porre domande intelligenti.
Platone osservava che «la conoscenza è qualcosa di più dell’informazione, perché richiede spiegazione e comprensione».
Le macchine si esprimono in elaborazioni sintattiche e danno il meglio se immerse nel «brodo digitale» (se manca va costruito intorno). E’ vero, Deep Blue di IBM ha vinto contro Kasparov nel 97, infatti Mc. Carthy disse che Deep Blue era più rivelativo della natura del gioco a Scacchi (regole certe e finite, a somma zero) che non al comportamento intelligente. La macchina non sa di sé, non ha coscienza del proprio sé.
L’uomo, invece, nella dimensione semantica da il meglio di fronte alla imprevedibilità (Cfr. Cartesio sulla capacità umana di interpretare il non conosciuto per adattarsi). L’uomo non riceve dati grezzi, ma informazioni aventi già significato: perché inscritte nel contesto e interpretate inferenzialmente in virtù dell’universo di conoscenze e codici disponibili. Un algoritmo (ricordo, concepito sempre da una persona!!!) può emulare una ragionamento deduttivo (la regola che spiega un fatto), anche un ragionamento induttivo (a quale regola disponibile nell’enciclopedia delle conoscenze memorizzate è riconducibile un fatto immanente?): ma in un ragionamento abduttivo (in particolare di 3° grado (cfr. C.S. Peirce) dove di fronte ad un fatto, non vi è una regola (legge) dimostrativa, questa va creata, inventata e dimostrata a partire da possibili ipotesi) la “macchina” si arresta o va in “loop casuale” perché non dispone di “creatività”.
D’altra parte “la macchina” (algoritmi) è inscritta nel codice logico-matematico, il “libro matematico della natura” di Galilei.
L’intelligenza “artificiale” intesa come sostitutiva della mente biologica è un non senso ontologico. Invece l’intelligenza “emulatrice” dei risultati dell’intelligenza biologica, per creare artefatti o servizi che ci aiutino a interagire meglio col mondo, credo sia il percorso foriero di importanti risultati e ci evita di cadere in speculazioni inconcludenti, in trappole logiche.
Insomma, che senso logico ha chiederci se “un sottomarino sa nuotare”? E’ come osservare che “l’automobile viaggia più veloce dell’uomo”, oppure che un computer è più veloce dell’uomo nel calcolo della regressione multivariata, e allora? . Eppure troviamo autorevoli personaggi (cfr. R. Kurzweil) che minacciano che “è solo questione di tempo, quando l’intelligenza artificiale avrà il sopravvento su quella umana (singolarità)”.
Il tema è che oggi abbiamo elevate potenze di calcolo per estrarre valore velocemente dallo tsunami di dati, ciò ci permette di trovare correlazioni, pattern e trend predittivi che «manualmente» l’uomo non riuscirebbe a scovare in tempi ragionevoli.
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Immagine: State of Mind