Naked technology
Iniettare tecnologia in un’impresa senza processo e cambiamento organizzativo crea spreco e caos
Propongo alcune riflessioni Giancarlo Livraghi scritte diversi anni orsono, ma assolutamente attuali. Buona lettura.
Il “paradosso della tecnologia” non è un argomento nuovo – come non lo è per chi abbia qualche esperienza nell’uso dell’informatica fin dai tempi in cui il più piccolo dei computer aveva le dimensioni di un autotreno.
Ma il fatto curioso (e preoccupante) è che il problema di un uso efficacie delle tecnologie dell’informazione (e della communicazione) rimane irrisolto. Sembra che le lezioni di decenni di esperienza siano ancora inascoltate.
Il 7 agosto 2002 George Colony, presidente di Forrester, ha pubblicato un articolo intitolato Naked Technology in cui spiega che «iniettare tecnologia in un’impresa senza processo e cambiamento organizzativo crea spreco e caos».
Per più di vent’anni – dice George Colony – ho analizzato le spese in tecnologia di 3500 grandi imprese su scala “globale”. Una dinamica rimane costante. Molte imprese spendono in tecnologia e non ne ricavano vantaggi economici né effetti positivi sulla loro efficienza. Paradossalmente, spendono soldi per aumentare la confusione e la sofferenza.
Questa sconnessione è accelerata nel periodo 1998-2000, quando grandi imprese si sono buttate in una storica orgia tecnologica. Forrester ha calcolato che il tech overspend in quegli anni è stato di 65 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti.
I risultati? Smarriti e stupefatti capi d’impresa e direttori finanziari che si sono sentiti bruciati dal denaro perso (e ora misurano gli investimenti col contagocce). Perdita di credibilità per le tecnologie dell’informazione e per chi le vende, offerte di hardware a dieci centesimi per un dollaro, riduzione dei margini e dei profitti. E, a proposito, ci troviamo anche in una tossica recessione tecnologica.
Perché – si chiede Colony – continua questo gigantesco squilibrio fra spesa tecnologica e vantaggi reali?
La risposta è mostruosamente semplice. Si investe in tecnologia senza sapere perché, senza modificare i metodi di lavoro, senza impostare i processi per cui l’uso delle tecnologie potrebbe essere utile. I motivi per cui si continua a percorrere questa strada sbagliata si possono riassumere in quattro punti.
- È facile firmare un assegno a un venditore, ricevere e installare. È enormemente più impegnativo ripensare i metodi di lavoro e la struttura dell’organizzazione.
- L’information technologynon può cambiare l’organizzazione e i processi – quel compito tocca alle unità operative. Ma fra l’IT e le divisioni operative non c’è allineamento, anzi spesso ci sono conflitti e incomprensioni. L’IT porta problemi di gestione delle relazioni, ma le strutture dell’impresa non sono preparate ad affrontarli.
- Le imprese e i loro dirigenti non hanno il coraggio, la capacità o la prospettiva che occorrono per cambiare l’organizzazione e i processi.
- In alcuni momenti economici (come è accaduto in anni recenti) la tecnologia sembra qualcosa di indiscutibilmente utile, che occorre avere subito e a tutti i costi. Anche se è “nuda” e perciò inutile o dannosa.
Sempre secondo Colony, le conseguenze sono cinque.
- Se non avete un’idea chiara su come intendete cambiare il processo e l’organizzazione, non iniettate tecnologia. Ci sono imprese di grande successo che non sono all’avanguardia tecnologica. Perché hanno processi efficienti e un cambiamento di tecnologia “fine a se stesso” potrebbe distruggerli. In altre parole, se avete un’organizzazione efficiente basata su tecnologie sperimentate, non fatevi del male cambiandole senza motivo.
- Se avete la responsabilità delle tecnologie, chiedete un progetto di cambiamento del processo e dell’organizzazione prima di analizzare le soluzioni tecniche. I migliori direttori IT non badano alle tecnologie, pensano prima di tutto al processo e verificano le evoluzioni organizzative e le esigenze pratiche in ogni fase – prima, durante e dopo l’installazione delle risorse tecniche.
- I venditori di tecnologie dovranno badare molto di più al servizio. Verificare che qualcuno (l’impresa o i suoi consulenti) abbia definito il processo in base al quale si dovranno fare le scelte tecniche.
- Ci vorrà un metodo collaborativo per la definizione dei progetti. Questo richiede una stretta collaborazione fraIT, marketing e altre business unit. Persone di cultura diversa dovranno imparare a lavorare insieme.
- La ripresa tecnologica sarà lenta. Lanaked technology può invadere un’impresa rapidamente. Tecnologia + organizzazione + processo richiedono molto più tempo, cura e attenzione.
Non mi sembra che ci sia molto da aggiungere a queste osservazioni di George Colony – né alle molte cose che ho già scritto su questo argomento. Ma è sconcertante constatare che siamo ancora in un situazione così confusa quando l’automazione industriale esiste da due secoli, i computer da sessant’anni, l’internet da trent’anni, l’elettronica diffusa (personal computer) da vent’anni.
È sostanzialmente facile capire che le tecnologie funzionano solo quando sono al servizio delle persone e delle organizzazioni (non viceversa). È straordinariamente ovvio che si risparmia molto denaro, e soprattutto si evitano molti danni e dispiaceri, scegliendo e applicando le tecnologie in base a esigenze chiare e verificate. È evidente al di là di ogni possibile dubbio che l’investimento principale sta nella formazione e motivazione delle persone, e nell’adeguamento dei processi e dell’organizzazione, non nelle risorse tecniche “in quanto tali”.
Ancora una volta, si conferma il fatto che i tempi della reale evoluzione non dipendono dalla “mera disponibilità” di risorse tecniche ma dal modo in cui sono usate. E che i tempi dell’evoluzione umana, culturale e organizzativa, possono essere molto diversi da ciò che immagina chi bada solo alle tecnologie.
In tutto questo forse ci può essere un pensiero “consolante”. Sappiano che l’Italia è ancora reltivamente arretrata in fatto di investimenti in information technology. Accade talvolta che in una situazione complessa “gli ultimi possano essere i primi”. Potremmo portarci in vantaggio se invece di inseguire i peggiori sprechi dell’ormai declinante “orgia tecnologica” facessimo un “salto in avanti” usando meglio le tecnologie che abbiamo e soprattutto basando le nostre scelte tecniche su analisi intelligenti di processo e di organizzazione.
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