Biomimesi, sostenibilità e innovazione nelle PMI

E pensare che il mondo, inteso come natura, è in sé un ottimo e irraggiungibile esempio di semplicità pur nella sua intrinseca complessità, frutto di continue selezioni e trasformazioni, di processi che eliminano il superfluo per riciclarlo e riutilizzarlo dentro un equilibrio evolutivo, un equilibrio che come da tempo gli scienziati denunciano, rischia di essere minacciato – guarda caso dall’uomo – nel momento in cui quest’ultimo ha iniziato a produrre cose e sistemi estraniandosi dalle spietate leggi della complessità, le leggi della natura.

Ciò che però percepiamo dalla natura, nelle sue pur diverse manifestazioni (il fiorire in primavera, l’eruzione mozzafiato di un vulcano, il terrore del terremoto, ecc.) è il miglior esempio di come l’evidente complessità della natura (che tiene in equilibrio un’infinità di variabili) rimane nello sfondo inquieto del caos, dove la scienza cerca da sempre delle risposte, quelle definitive.

L’uomo ha sempre studiato la natura ma non sempre ha imparato dalla natura. Proviamo per un attimo a capovolgere la prospettiva.

Janine M. Benyus, autrice dello stimolante libro Biomimicry: Innovation Inspired by Nature ci invita a osservare la natura come modello ispiratore dell’innovazione, anche per ricucire il legame (oggi compromesso) con essa, mettendo in campo azioni orientate alla sostenibilità ambientale.

Senza approfondire oltre i principi ispiratori della biomimesi (in sostanza il trasferimento dei costrutti biologici dal mondo naturale a quello degli artefatti umani; insomma, mimare quanto già fa la natura) vorrei offrire alcune suggestioni che ne danno una concreta dimostrabilità.

Un primo esempio ce lo offre il tetto del Crystal Palace di Londra, progettato dell’architetto Joseph Paxton a metà del XIX secolo e ispirato a una pianta appartenente alla famiglia delle meravigliose ninfee, la Victoria Amazonica. L’edificio, in seguito distrutto da un incendio negli anni Trenta, venne dotato di una struttura estremamente leggera, che massimizzava l’esposizione al sole proprio grazie all’esempio delle foglie di ninfea.

Un secondo esempio è quello del velcro, inventato nel 1941 dall’ingegnere svizzero George de Mestral, ispiratosi ai piccoli fiori che si attaccavano saldamente al pelo del suo cane ogni volta che lo portava a passeggio. Analizzandoli al microscopio, de Mestral notò che ogni petalo presentava alla sommità un microscopico uncino, capace di incastrarsi praticamente ovunque trovasse un appiglio naturale. Fu così che dall’osservazione di questo fenomeno nacquero le strisce di velcro che tutti noi conosciamo: semplici strisce in nylon combinate, una in tessuto peloso e una munita di tanti piccoli uncini che si attaccano saldamente all’asola, riproponendo il meccanismo di gancio osservato in natura.

Un terzo esempio (ma ve sono ben altri) ce lo offre una vera meraviglia dellarchitettura, l’Eastgate Building Centre di Harare, in Zimbabwe. L’edificio, che ospita uffici e un immenso centro commerciale, è stato costruito dall’architetto Mick Pearce e, a dispetto del clima e del luogo in cui si trova, non presenta alcun sistema convenzionale di ventilazione: nel realizzarlo infatti sono stati applicati i principi dell’auto-raffreddamento e della ventilazione osservabili nelle tane delle termiti africane. In questo modo, l’Eastgate Centre consuma almeno il 10% in meno dell’energia che un edificio di quelle dimensioni normalmente consuma, incarnando un affascinante esempio di efficienza energetica ispirata dalla natura.

«Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già inventata».

Albert Einstein

Anche gli artisti, i poeti, i designer e gli scienziati (creativi e curiosi per definizione) sono coloro che più di tutti dispongono di una sensibilità e di un linguaggio in grado di percepire e di comunicarci i costrutti della semplicità offerti dalla natura, e non di rado di anticiparne le possibili implicazioni sociali: lo studio dei sistemi di areazione dei termitai, come abbiamo visto, ha di fatto permesso di realizzare i sistemi di areazione anche dei comuni condomini.

Michelangelo diceva che è facile fare una statua, basta vederla dentro un blocco di marmo e togliere quello che avanza. La dinamica del volo degli uccelli ha ispirato Leonardo da Vinci ma  tantissimi altri esempi potrebbero essere riportati per dar conto di quanto la natura è fonte di ispirazione per l’uomo; e a ben guardare i risultati sono sempre caratterizzati, quando ben riusciti, da un principio: cogliere la semplicità che si nasconde dentro la complessità, vera o presunta che sia.

«La semplicità è l’estrema perfezione»

Leonardo da Vinci

Fonte: Innovation Now – Gianni Previdi – Edizioni Scuola di Palo Alto – Milano – 2020


Non solo marketing ma azioni concrete. La sostenibilità per le PMI italiane è sempre più un obiettivo e un valore. Non è un caso che ben il 38% delle PMI abbia già compiuto passi concreti in campo ESG, muovendosi in diverse direzioni: il 33% sulla sostenibilità ambientale, il 25% puntando su quella sociale, mentre ben il 42% attivandosi su entrambi i fronti. Questo il principale risultato che emerge dal Market Watch PMI realizzato dall’Ufficio Studi di Banca Ifis in collaborazione con Format Research, una survey che ha coinvolto 502 piccole e medie imprese nel periodo compreso tra maggio e giugno. La ricerca ha messo in luce l’attenzione ai temi della sostenibilità da parte di queste realtà produttive: se infatti sono 4 su 10 quelle che investono, la quota cresce a 7 su 10 se si considerano quelle che la ritengono un elemento importante.

Ma quali sono i driver dell’investimento sostenibile?
Per il 74% degli imprenditori si tratta di una forma di responsabilità nei confronti del territorio e della comunità ma c’è anche un 16% di Pmi che ascrive la sostenibilità nel novero degli elementi fondamentali per la competitività.

«Seguire il trend di minor impatto ambientale comporta un reale vantaggio competitivo, è la maggior sensibilità del consumatore che ormai spinge la produzione verso soluzioni sostenibili», spiega Giulia Mariani HR Manager di Coronet, realtà lombarda impegnata nella produzione di tessuti tecnici sintetici per i settori della moda e dell’automotive che, dal 2013, si è focalizzata sulle tematiche ambientali cogliendo in anticipo, rispetto alle altre imprese del settore, l’evoluzione del mercato. «In questo momento» aggiunge Mariani «l’azienda vive una fase di grande crescita con un fatturato in aumento del 47% rispetto a quello del 2020, già rimasto stabile sui livelli dell’anno precedente. Un risultato dovuto soprattutto alla creazione di materiali sostenibili con una soluzione basata sul mais in sostituzione delle resine plastiche, individuata internamente da un’unità di Ricerca e Sviluppo che conta ben dieci risorse. Questa innovazione ha anche consentito a Coronet di posizionarsi sull’alto di gamma»

Ma quali sono le iniziative che le piccole e medie imprese sviluppano per rendere sostenibile sotto il profilo ambientale la propria attività?
Le aziende mettono in campo spesso più azioni contemporaneamente. Le prime tre, per frequenza di utilizzo, sono il risparmio energetico (82% delle imprese), riducendo così i consumi e, di conseguenza, anche i costi; la gestione del ciclo dei rifiuti (78%); la riduzione del ricorso ad agenti chimici inquinanti (68%). L’uso di materiali innovativi e a basso impatto ambientale (24%) rappresenta, invece, la principale direzione di investimento per le società che hanno pianificato un intervento futuro in ottica ambientale. Seguono l’utilizzo di risorse rinnovabili (20% delle Pmi) e la riduzione degli imballaggi (18%).

Bene evidenziare che quello relativo alla sostenibilità non è un fattore che si esaurisce all’interno della singola impresa, ma è anzi un elemento rispetto al quale si ragiona sempre di più in termini di ecosistema. Proprio agendo in un’ottica di filiera, il 49% delle Pmi che investe in questa direzione si occupa anche della sicurezza dei processi e degli ambienti di lavoro dei propri fornitori. Il 33% ne verifica l’impatto ambientale e il 28% si interessa anche delle loro politiche del lavoro. Per quanto importante, questa spinta verso la sostenibilità non è esente da difficoltà. Il 44% delle aziende ha infatti segnalato una problematica legata all’aumento dei costi. «Indubbiamente c’è un impatto sull’Ebitda, almeno nell’immediato», spiega Marco Massenzi, Ceo di Teleconsys Spa, azienda che si occupa di soluzioni tecnologiche d’avanguardia. «Questo ostacolo», prosegue, «è stato superato al nostro interno facendo sì che gli interventi fossero graduali, creando consapevolezza rispetto alla loro importanza e sviluppando un’organizzazione aziendale dedicata».

Fonte: https://st.ilsole24ore.com/bc/marketwatchpmi/sostenibilita-un-impegno-concreto-per-4-pmi-su-10/

Share your thoughts